Cena….colo del 20 maggio 2013
Cari amici
Il Quaderno di viaggio Indonesia è ormai completato lo passeremo a Maria del Greco per l'impaginazione e la grafica.. Vi ricordiamo che manca ancora un buon articolo
su Flores e sulle Isole della Sonda. Nel prossimo incontro faremo una revisione totale dell'indice e una valutazione generale dei contenuti, siete pregati di portare l'indice generale dell'opera (allegato) con le vostre annotazioni!!!!
Ecco gli ultimi articoli letti ed approvati:
THIS IS THE BEST WAVE OF THE WORLD, MAAATE (NIAS)
Dal sito web: http://dharmabum.altervista.org/
Racconto di un recente viaggio di un anonimo giramondo nell’isola di Nias
“La storia di Nias e dei suoi abitanti è realmente misteriosa, si sa che fin dai tempi antichi avevano relazioni commerciali con altre zone dell’Asia e che potrebbero essere dei Naga, dei Taiwanesi o dei Dayak del Borneo, ma certezze non ce ne sono. Chiunque fossero avevano senz’altro qualcosa in comune con questi gruppi, come ad esempio la ferocia dei loro guerrieri e l’abitudine di tagliare la testa e di mangiare i propri nemici. Però varie usanze, i loro villaggi e lo strano culto dei megaliti sono unici e piuttosto strani. Qui secondo me ci sarebbe materiale adatto a quei tizi di History Channel che cercano prove sugli antichi alieni”
Roberto Pierpaoli
L’ARCIPELAGO DI NIAS
Resoconto dei partecipanti del viaggio effettuato circa trent’anni fa da un nostro amico in Indonesia
“Sbarcati a Teluk Dalam, deliziosa insenatura naturale con la sua laguna protetta dalla barriera corallina e circondata da grandi palme, ci rendiamo subito conto che Nias è una splendida isola dove tutto sembra immutato da secoli. Ottenuti i necessari permessi di visita presso il comando di polizia saliamo su due lorries e ci dirigiamo ai vicini villaggi ricchi di storia e di tradizioni. Il primo tra questi è il villaggio di Bowomataluwo. Man mano che si sale ci immergiamo sempre di più nella fitta e lussureggiante vegetazione tropicale. II clima è molto gradevole, soprattutto per la ventilazione che riduce considerevolmente il caldo dei tropici. Giunti a destinazione, dopo un tragitto di appena 11 km, veniamo accolti con un largo sorriso dal capo del villaggio che provvede subito a sistemarci nella sua spaziosa casa, una monumentale struttura supportata da enormi piloni in legno e fedelmente ricostruita con le stesse caratteristiche di quella appartenuta all’ultimo re”
Gilberti
L’ANTROPOFAGIA GIUDIZIARIA
Da “Le vie del Mondo” , a.VII, n.3, marzo 1939
Brevissimo siparietto sulla singolare modalità un tempo presente nell’isola di Sumatra di condannare un reo
“Anche nella storia di Sumatra campeggiano figure di esploratori italiani, che vi hanno segnato un' impronta memorabile. Sembra infatti che il primo europeo a darci di quest’isola — che Marco Polo aveva chiamato Java Minor — un nome che s'accosta a quello attuale, sia stato Odorico da Pordenone, che nel secolo XIV, durante il suo famoso viaggio in Oriente, visitò quello che, nella sua relazione, chiama il regno di Sumoltra, riferendone cose bizzarre e impressionanti.”
A lunedi prossimo....venite preparati sull'indice del Quaderno, cosi potrete partecipare alla valutazione generale.
ISLANDA ...GIORDANIA ....E A SETTEMBRE CI ATTENDE IL DRAGONE CINESE
Vittorio e Daniela
Cena….colo del 13 maggio 2013
Cari amici
Vi inviamo gli ultimi articoli scelti ma vi rammentiamo che per il completamento del
Quaderno di viaggio mancano ancora dei buoni brani su l’isola di Nias e Flores.
Pietro Tarallo
I GUERRIERI DELLA PREISTORIA
D di Repubblica - aprile 1998
Reportage sulle condizioni drammatiche degli aborigeni dell’Irian Jaya, il cui habitat è sconvolto dalla presenza di società minerarie che ricercano l’oro ed altre materie prime senza alcun rispetto per la natura e gli abitanti del luogo
“Le tribù indigene di Irian Jaya sono in lotta continua con gli stranieri invasori e i il governo indonesiano. Per evitare una catastrofe che non è solo etnica.
Le montagne erano sacre perché abitate dagli spiriti dei loro antenati. Poi arrivarono gli ingegneri della Freeport-McMo Ran, società mineraria statunitense di New Orleans, che sui pendii della montagna sacra avevano scoperto giacimenti d'oro, argento e rame. Dove prima i nativi erano andati a caccia di uccelli e avevano coltivato la batata (patata dolce) sorsero strade e una città con negozi, scuole, campi da tennis e bar per gli 8.700 impiegati, tecnici e operai della miniera. All'inizio gli abitanti della foresta furono abbagliati dalla ricchezza degli stranieri, poi compresero che gli era stata rubata la terra senza ricevere nulla in cambio. I migliori posti di lavoro venivano dati ai nordamericani e agli indonesiani provenienti dalle altre isole dell'arcipelago. Per loro restavano solo i lavori più faticosi, duri e mal pagati, come scaricare i rifiuti delle miniere. Ogni giorno 120 mila tonnellate di materiali di risulta finivano nel fiume Ajekwe”.
INDONESIA: PAPUA, LA NUOVA ISOLA DI "NOSTROMO" O DI "CUORE DI TENEBRA"
http://www.youtube.com/watch?v=zPQA14GwceE&feature=related
Nel romanzo “Nostromo” scritto nel 1904 dal grande autore polacco viene descritto un immaginario paese sudamericano sconvolto dalla presenza di una società mineraria sorda alle esigenze degli abitanti e della natura. Il quadro è analogo alla realtà attuale dell’Irian Jaya ove la ricerca dell’oro ha prodotto immensi danni.
“Mentre il romanzo si dipana, entriamo in un mondo di avidità e di intrigo politico, di ossessioni iniziate da favolose risorse minerarie riposte profondamente nelle montagne.
Finanziata da un gruppo di oscuri finanzieri senza scrupoli provenienti dall'America, la miniera raccoglie grandi profitti e tormenta generazioni di abitanti della regione. La maggior parte delle comunità locali restano frustrate e piene di risentimenti della ricchezza che non potranno mai condividere. Ogni spedizione della miniera, ne consegue, parte sotto una stretta vigilanza di gruppi paramilitari armati fino ai denti. I convogli corrono per il terreno ostile, col timore di quello che si nasconde al di là della strada tortuosa che collega la miniera alla costa e da qui ai mercati mondiali.
II romanziere disegna una società confusa dalla corruzione, il potere corrosivo di una ricchezza immensa che ha roso la coscienza civile di quelli che sono stati designati a governare. Infatti, la provincia dove si trova la miniera è da tempo diventata un punto caldo del separatismo.”
Vito Di Bernardi e Adriano H. Luijdjens
GIAVA – BALI: RITO E SPETTACOLO
Bulzoni Editore – Roma 1985
Descrizione particolareggiata del “teatro delle ombre”, forma di spettacolo caratteristica dell’isola di Giava.
“Le ombre. Il repertorio del teatro wayang ne conta da trecento a quattrocento circa. Sono delle silhouettes di cuoio, alte, secondo i personaggi che rappresentano, da sessanta a novanta cm. La tradizione prescrive che venga usato cuoio di un bufalo giovane che mai abbia tirato l'aratro. La pelle viene battuta e messa ad asciugare finché si ottiene una specie di pergamena sulla quale viene disegnata nei minimi particolari la figura del personaggio stabilito. Poi con dei minuscoli scalpellini l'artigiano bucherella le parti della figura a cui corrispondono le vesti, gli ornamenti e gli occhi. Quei piccoli buchi servono per far passare la luce durante la rappresentazione delle ombre, il che aggiunge allo spettacolo un ulteriore effetto suggestivo.
La terza fase della costruzione delle silhouettes richiede un lavoro di grande precisione: la coloratura da cui dipende l'identità delle figure. Il dalang stesso e quella parte del pubblico che durante la rappresentazione sta dietro lo schermo riconosce le varie figure dai differenti colori delle loro vesti e degli ornamenti. Questi colori hanno quasi sempre un significato simbolico che solo gli spettatori iniziati sono in grado di cogliere con esattezza. Altri segni distintivi dei vari caratteri sono la grandezza della figura, la forma degli occhi (rotondi quelli dei personaggi kasar, violenti e rozzi; a fessura quelli degli alus, i raffinati), la capigliatura.”
Cena….colo del 6 maggio 2013
Cari Amici
Il quaderno di viaggio Indonesia è ormai quasi terminato.
Stiamo sempre cercando dei buoni brani su l’isola di Nias e Flores, sul teatro delle ombre
e delle marionette.
Al prossimo incontro faremo un punto della situazione per controllare che non ci sia
sfuggito qualche argomento importante e vi informeremo sul titolo del prossimo
Quaderno di viaggio
Vi inviamo gli ultimi articoli scelti.
Alvise Losi
TIMOR OVEST, OVVERO, L’ISOLA CHE NON C’È
Dal sito web: http://altro viaggio.wordpress.com - 11 febbraio 2012
Due ritratti delle popolazioni di un’isola oggi divisa in due stati sovrani dopo lunghe e sanguinose guerre civili che hanno causato migliaia di vittime.
“Mettetevelo in testa: Timor (Ovest) non esiste. Perché andarci allora? Per incontrare popolazioni ed etnie che ancora vivono in villaggi tradizionali e per sfuggire a un eccessivo dispiegamento di turisti. Cioè, sperare di conoscere i locali senza che si siano eccessivamente “sporcati” di Occidente. Evitare, insomma, di ritrovarsi a vedere persone che fingono di mantenere antiche usanze solo perché consapevoli di poter guadagnare soldi. Come pesci in un acquario, immobilizzati a uno stato del tempo passato e rinchiusi in una bolla spazio-temporale”
UNA VISITA A TIMOR EST
Dal sito web: htto://wol.jw.org
“Timor Est ha una superficie di circa 14.800 chilometri quadrati, per cui è poco più grande del Trentino-Alto Adige. Anche se l’isola è piccola, qui la natura riunisce in sé caratteristiche dell’Asia e dell’Australia. Si passa dalla foresta tropicale alla savana con alberi di eucalipto. Anche la fauna è un misto tra specie australiane e asiatiche. Per esempio, marsupiali e uccelli australiani convivono con scimmie e coccodrilli marini tipici dell’Asia. Ma che dire degli abitanti di Timor Est? Vorreste conoscerli?”
Lucia Carli Tiezzi e di Enzo Tiezzi
LA "CASA SENZA CUCINA" DEI TORAJA DI CELEBES
da: Arancia Blu (suppl. de “il Manifesto”) n.4, aprile 1990
Gli Autori, in viaggio nell’isola di Sulawesi, raggiungono i villaggi dell’etnia Toraja, famosa per la costruzione di abitazioni a forma di imbarcazione, e ne descrivono i costumi e le cerimonie funerarie.
“Arriviamo ai villaggi e avvertiamo subito l'impatto con trame di odori, colori e sentimenti più violenti di quelli del mondo appena attraversato. L'odore soprattutto. Abbiamo ancora nel naso il profumo del chiodo di garofano quando le cellule delle nostre narici sono aggredite dal forte sentore dei maiali che scorrazzano fra le case, dall’odore acre dei bufali vivi e da quello dolciastro del sangue degli animali uccisi, spesso in grande quantità, per cibarsene ma soprattutto per celebrare riti. Il popolo Toraja è legato fino nel sue fibre più profonde al mito della fecondità nella quale energie in accumulo e in dissipazione, vita e morte, sangue e terra, attrazione e repulsione hanno valori e valenze cicliche, ma di equivalente potenza, che sconvolgono in un attimo le nostre ordinate e asettiche scale di valori, facendoci annusare la sottile ipocrisia dei bianchi dell'occidente ormai completamente sradicata dai cicli della natura.”
Alberto Fiore
LAMALERA: NON PROPRIO INDONESIA
Dal sito web: wwwnobordersmagazine.org 21 Jan 2013
Questo sperduto villaggio di un’isola della Sonda è famoso perché i suoi abitanti vivono della caccia al capodoglio. La più grande balena esistente, caccia che affrontano con coraggio e mezzi estremamente primitivi. Il loro bottino consentirà alla popolazione del villaggio di sopravvivere per un anno con la cattura di pochi esemplari.
“Mi spiegano che, quando all’orizzonte appare lo sbuffo di un capodoglio, i pescatori urlano “Baleo! Baleo!”.La gente lo ripete a squarciagola per darsi forza e coraggio mentre le barche vengono spinte in mare. I rematori cominciano a pagaiare forte, il timoniere incita i marinai, prestando orecchio alle indicazioni della vedetta. A prua, il ramponiere prepara il suo arpione di bambù e si tiene pronto a gettarsi sul cetaceo con tutto il peso del suo corpo per far penetrare in profondità l’asta mentre il mare si tinge di rosso e l’equipaggio colpisce con coltelli e machete l’animale per fiaccarne la resistenza. Una battuta di caccia può durare anche una intera giornata e trascinare la barca a molte miglia dalla costa.
Mi raccontano che un po’ di anni fa un capodoglio li aveva trascinati per 4 giorni fino alle coste dell’Australia. Il tuak scorre a fiumi e la serata va avanti in maniera piacevole tra risate e sfottò, discorsi sull’economia, sui figli, la scuola e alcuni aneddoti sul padrone della pensione (odiato da me e da tutti).”