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sbc - deccanDECCAN. i territori meridionali del grande altopiano indiano.
di Antonio Raciti
Editore: SBC Edizioni
Collana: I luoghi e i giorni

Antonio Raciti farmacista nato a Zafferana Etnea nel 1958 dove lavora. Appassionato di musica, teatro, letteratura, arte e viaggi. È stato membro di una associazione filodrammatica, ha sostenuto gli esami di quarto anno di tromba e creato successivamente un quintetto di ottoni. Negli ultimi anni, ha iniziato a conoscere il mondo non da turista ma da viaggiatore facendo di ogni singola esperienza un momento di crescita, un’esperienza di vita.
In un viaggio, qualunque esso sia, si riceve in dono il “viaggio” che già risiede dentro noi. L’India in questo genere di doni è molto generosa. Perciò al ritorno dall’India ho cominciato a scrivere, così il viaggio è continuato per mesi interi. I templi, la serenità della gente del Kerala, le urla dei bimbi li ho sentiti vicini durante la stesura e ho scoperto nella mia interiorità aspetti ed emozioni solo in apparenza nascosti. È difficile far rivivere queste emozioni. Il mio desiderio è di far percepire a chi leggerà questi ricordi il rullare dei tamburi durante la processione di Ganesh, l’odore dei gelsomini quando una donna mi passava accanto, il calore dei bracieri che ardevano nei templi. Tornerò in India appena potrò. Non so se per la sua cultura o per il suo popolo o per entrambi. È un’attrazione magnetica, magica. Se la mente desidera andare in India, il mio cuore è già là.


India, un amore sconfinato

Chi ama l'india lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. È sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a stame lontani.
Ma così è l'amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato. Parole di Tiziano Terzani scelte da Antonio Raciti per introdurre il proprio libro, prelato dal prof. Giuseppe Bentivegna, Deccan (Sbc Edizioni).
Memorie ricevute in dono dal viaggio, indelebile, incardinato nell'anima del narratore dalla musicalità della pioggia, l'effluvio inebriante dei gelsomini, il calore perenne profuso dai bracieri ardenti destinati ai templi. L'autore guarda con curiosità alle bellezze d'animo del popolo indiano. Scenari policromi distinti da perfezione e senso estetico tali da raggiungere manifestazioni di notevole splendore. Ambienti vivificati da una spiritualità "così intima da far apparire tutto chiaro e luminoso". Il silenzio, inconfondibile, discreto, esalta l'intensa religiosità, semplice e sentita, degli indigeni deliziati da una lede che farebbe impallidire i migliori professanti occidentali. Una preghiera, scortata da gesti quotidiani di nitida tenerezza, "concentrata sul desiderio di una vita felice da condividere con le proprie divinità". Prologhi festosi svelano quote di un percorso attirante "cinque sensi più uno", siglato dall'incanto del "tempo ritrovato".
Recensione di Grazia Calanna

 

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