
Storie di uomini, di navi e di guerra nel mar delle Dahlak
di Vincenzo Meleca
Greco & Greco editori
Con il patrocinio della Commissione Italiana di Storia Militare
“Sono davvero molteplici i lavori che hanno raccontato il ruolo avuto della Regia Marina nel corso della Seconda Guerra mondiale. Innumerevoli sono i tomi che hanno descritto gli aspetti strategici, politici e tecnici della nostra Forza Armata di allora, così come altrettanti hanno approfondito, di volta in volta, i vari episodi che hanno coinvolto le nostre Navi ed i nostri Uomini. In questo compito non posso non ricordare come l’Ufficio Storico della Marina Militare abbia avuto un ruolo primario ed insostituibile nel documentare nel modo più puntuale e preciso possibile quanto allora accaduto. Ciò nonostante, leggendo questo libro di Vincenzo Meleca, ho dovuto constatare come di altri episodi e di altre storie avevo letto soltanto brevi cenni oppure, addirittura, non ne avevo mai sentito parlare. Certo, episodi tutto sommato marginali se considerati nel contesto generale dell’attività della Regia Marina durante la Seconda Guerra mondiale, ma al tempo stesso importanti, per poter meglio comprendere cosa successe nelle lontane acque del Mar delle Dahlak. Vengono così ben alla luce alcuni dei motivi che determinarono insuccessi e tragedie, ma anche l’eroismo e l’abnegazione di tanti, tantissimi Uomini della nostra Marina.
Meleca non si è però limitato a raccontare quanto accaduto durante l’ultimo conflitto mondiale, ma ha voluto menzionare anche due episodi storici precedenti che hanno interessato Ufficiali della Regia Marina – Carlo Grabau ed Angelo Belloni – ed infine, basandosi sulla sua straordinaria e diretta conoscenza delle Dahlak, cosa resta ancor oggi della nostra passata presenza militare in questo arcipelago del Mar Rosso Meridionale, oggi territorio eritreo.
Tra i capitoli del libro mi preme però citarne uno in particolare, quello dedicato all’affondamento del Cacciatorpediniere Francesco Nullo. In questi ultimi mesi, in cui siamo tutti stati coinvolti – chi più chi meno – nelle vicende che hanno interessato la nostra marineria, forse sarebbe davvero il caso di leggere (o rileggere) cosa accadde invece a bordo del Nullo e, soprattutto, come si comportarono il suo Comandante, Capitano di Corvetta Costantino Borsini, e l’attendente di quest’ultimo, marinaio Vincenzo Ciaravolo, entrambi decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare e nobile esempio di quell’Etica (con la E maiuscola) che tanti Italiani hanno saputo onorare fino all’estremo sacrificio.”

Sette autisti, un'automobile indiana
di Giorgio Ricci - Greco & Greco editori
Collana: Nargre - Viaggi
L'Ambassador, prodotta dall'Hindustan Motors, è il primo modello di autovettura costruito interamente in India. Dal 1948 è padrona delle strade disastrate del subcontinente; ha trasportato uomini di stato, manager, semplici cittadini e turisti... o viaggiatori? È il simbolo di un India che, nonostante stia vivendo un forte sviluppo economico, rimane ancorata a passato e tradizione. Una macchina, sette autisti, sette stati differenti; punto di partenza di un viaggio nel cuore delle contraddizioni del paese, segnato da questo forte dualismo. Il passato è una presenza rassicurante ovunque; nella frenesia del traffico indiano, fra volti segnati dalla miseria, vacche sacre, sete dai mille colori. Nei templi deserti, nel fango delle bidonville calcato dai piedi nudi degli "uomini cavallo". Così come nelle sale affollate dei cinema, fra i canti di attori e pubblico. Le immagini si inseguono, pagina dopo pagina, lentamente. Come il pigro incedere delle sette Ambassador bianche.
In Nicaragua. Dove tutto è più facile.
di Dario Rucco - Greco & Greco editori
Ho calcato le strade di quasi tutta l'Europa, con «Avventure nel Mondo» ho compiuto 9 viaggi in paesi poco conosciuti al turismo: pianure del, Patagonia, altipiani del Madagascar, catene montuose del Pakistan, savane della Namibia, deserti della Libia, ghiacciai e terreni congeniali solo agli orsi polari come quelli delle Isole Svalbard.
Durante questi viaggi si ha la possibilità di capire i diversi ritmi di vita che pulsano nelle diverse parti del mondo. L'estremo negativo l'ho percepito negli Stati Uniti dove non ho potuto fare a meno di notare la signora che davanti al bancomat tamburellava con le dita in segno di impazienza durante l'attesa della scritta "digitare il vostro codice segreto". L'estremo positivo lo si raggiunge invece in Paesi Centroamericani
dove l'autista dell'autobus non parte se prima il lustrascarpe non gli ha ultimato la pulizia delle sue preziose zapatos di cuoio, e i passeggeri non gli muovono alcuna obiezione, non avendo impegni cadenziati al minuto.
Il rapimento dell'anima è avvenuto in un luogo completamente inaspettato: il Nicaragua. Proprio durante il breve soggiorno ad Ometepe mi son detto: "Questo è un luogo in cui mi piacerebbe vivere". Raramente ho pensato a una cosa simile. Dopo ogni viaggio tornavo sempre volentieri in quel di Milano.
Forse mi ha colpito la grande rilassatezza e l'ambiente sicuro in cui vivono gli abitanti di quest'isola tra i quali i negozianti e gli albergatori comodamente sdraiati in amaca in attesa dei loro clienti.
Come succede allora in qualche film, tornai a casa, sbaraccai tutto, regalai l'auto a mia sorella e nel successivo mese di marzo, munito solo di uno zaino a mano, partii per andare a vivere IN NICARAGUA