Il Saggiatore

saggiatore - cinafricaCinafrica. Pechino alla conquista del continente nero
di Michel Serge, Beuret Michel Un reportage dall'Africa sulle tracce di quella Cina che silenziona e instancabile, sta sostituendo l'Occidente nei rapporti internazionali del continente nero.

"Ni hao!": i bambini congolesi salutano gli stranieri in cinese, perché gli stranieri ormai sono tutti cinesi. Sono gli abitanti di un nuovo continente chiamato Cinafrica, nato dall'unione di mondi apparentemente inconciliabili, per storia e tradizione, ma tenuti insieme da uno scenario economico che non ha precedenti. In cerca di petrolio e materie prime per nutrire un'espansione inarrestabile, Pechino si è lanciata alla conquista dell'Africa, che attendeva da troppo tempo una rinascita postcoloniale. E per i cinquecentomila cinesi che vi si sono riversati il continente nero è la promessa di un Far West del ventunesimo secolo. Alcuni hanno già fatto fortuna, altri vendono ancora paccottiglia ai bordi delle strade infuocate dei paesi più poveri del mondo. Per gli africani è forse l'evento più importante dei loro quarant'anni d'indipendenza. I cinesi non assomigliano agli ex coloni. Seducono i popoli perché costruiscono strade, dighe e ospedali, e i dittatori perché non parlano di democrazia o trasparenza. Come stanno mutando i ritmi e i costumi del continente? Quali benefici e quali problemi pone questo nuovo capitolo della globalizzazione? Lungo le ferrovie dell'Angola, nelle foreste del Congo e nei karaoke in Nigeria, Serge Michel e Michel Beuret, insieme al fotografo Paolo Woods, hanno percorso quindici paesi sulle tracce dei cinesi arrivati in Africa e di un nuovo mondo abitato da imprenditori pionieri e lavoratori sfruttati, da progresso e contraddizioni. Dalle campagne impoverite nel cuore della Cina alle poltrone in cuoio dei ministri africani, gli autori ci raccontano l'avventura dei cinesi partiti per costruire, produrre e investire in una terra che per l'Occidente è ormai condannata a ricevere solo aiuti umanitari.

 

saggiatore - dio asiaIl Dio dell'Asia. Religione e politica in Oriente - Un reportage
di Ilaria Maria Sala - Il Saggiatore 2006

Recensione di Anna Maspero
Trecentocinquanta pagine di scrittura densa e a caratteri piccoli, ma che scorrono in un lampo.
Ilaria Maria Sala usa la religiosità come chiave di lettura per raccontare quei paesi così diversi che compongono l'Asia Orientale, una parte di mondo in cui la Cina da secoli gioca un ruolo fondamentale. Grande assente, in un libro dal titolo Il Dio dell'Asia, l'India, nemmeno sfiorata perché da sola avrebbe avuto bisogno di un trattato.
L'autrice racconta l'Oriente che ama attraverso la lente di ciò a cui le persone credono, una scrittura lucida che nulla ha a che fare con la mistica orientaleggiante stile new age. Descrive le regioni di confine della Cina, lo Xinjiang dove l'Islam è sinonimo di ribellione al potere centrale, la Mongolia Interna dove il lamaismo è represso, la Repubblica Mongola dove faticosamente rinasce la spiritualità, la quieta povertà del Laos, unico paese che è riuscito a coniugare socialismo e buddhismo, il cattolicesimo che si è diffuso fra gli ex boat people vietnamiti, l'irreale parodia di Singapore e paesi così diversi come le due Coree, Taiwan e la Cina, testimone della fine di uno stile di vita. E poi Giappone, Filippine, Indonesia e Malesia, giochi di ruolo e sette, misticismo e sciamanesimo, riti e conflitti etnici intrecciati o mascherati da conflitti religiosi. Racconta di mondi persi per sempre, di vuoto di valori e di tensioni che si aggravano: se da una parte il dominio di Cina e Stati Uniti passa attraverso la distruzione di culture e terre altrui e per sedurre usa consumismo e materialismo, dall'altro la sfida a questo potere passa spesso attraverso forme diverse di fervore religioso.

 

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